Con riferimento al caso Seat Pagine Gialle
Un recente episodio di (ritenuta) corruzione in atti giudiziari ha provocato una inchiesta sul tema del Sole 24 Ore ed una profonda riflessione del procuratore aggiunto Nello Rossi, intervistato sull’episodio specifico e sulle gravi questioni connesse sia della giustizia, che dell’economia. Perché gli effetti devastanti della corruzione si riversano nei processi, alterando gli effetti delle specifiche domande giudiziali, ma si riflettono, oltre che sul funzionamento del sistema giudiziario in termini meritevoli di maggiore approfondimento e di ampia divulgazione, sull’economia delle imprese e del settore professionale, a seguito del vantaggio illecito riconosciuto alla parte sleale ed ai professionisti, che, prestando assistenza, hanno contribuito alla commissione del fatto illecito, civile, penale e concorrenziale. Il profilo dell’illecito concorrenziale è particolarmente rilevante in termini economici, perché influenza i due mercati della professione forense e dell’impresa beneficiaria del trattamento corruttivo, ma è valutato, di solito, a fini esclusivamente deontologici, ed è, infatti, raramente perseguito, anche per malinteso rispetto delle appartenenze categoriali, pur provocando come ulteriore conseguenza, nei mercati di riferimento, i devastanti effetti premiali del “peggio sul meglio”. Le capacità personali cessano di essere il criterio di scelta del professionista e il prodotto illecitamente favorito degrada l’offerta di settore. La diffusione del fenomeno corruttivo, che non può essere contrastato soltanto in sede giudiziaria penale, per la caratteristica intrinseca della difficoltà probatoria e quindi della occasionalità dell’emersione del fatto di specie, può tuttavia essere prevenuta, diffidando, all’occorrenza, le inadempienze istituzionali e denunciando nel giudizio civile, agli effetti processuali, i comportamenti pregiudiziali e le pretese e resistenze incongrue, e contenuta, ove i provvedimenti giudiziari ritenuti ingiustificatamente lesivi dalle parti e dai difensori, sotto la loro precipua responsabilità e previa eventuale verifica interlocutoria dell’ordine di appartenenza, siano valutati almeno in sede deontologica del Csm, sia pure nel corso del rituale gravame. L’esperienza di prontezza e incisività del rimedio processuale e della sanzione personale connessa sia del giudice fedifrago, che dei professionisti impegnati, avvocati ed eventuali consulenti, potranno costituire un notevole deterrente. Il sostegno offerto dalla denuncia dell’illecito concorrenziale, che, per sua natura, ha maggiore visibilità e incisività economica del fatto corruttivo, al contrasto della corruzione ambientale che trascina l’Italia verso gli ultimi posti della classifica di Transparency International, è poderoso e sostanzialmente ignorato, pur riguardando tutti i settori dell’economia e coinvolgendo la politica, le istituzioni e le amministrazioni. Il mancato contrasto delle disfunzioni che coinvolgono vite e carriere professionali e imprenditoriali, in meglio e in peggio a prescindere dalle ragioni del merito, è prodotto da rassegnazione personale, dall’attesa di un’ascesa nel gradimento degli ambienti che “possono” e dalla consapevolezza, giustificata o meno, che questi ambienti di solito godono della tutela di un’ampia rete protettiva. L’iniziativa penale, necessariamente occasionale del pubblico ministero, raramente provocata dalle persone interessate per i motivi indicati, destinata a svolgersi nel tempo infinito delle indagini e dei processi, considerata dai sopraffattori un ineliminabile, ma modesto, rischio di impresa, non contribuisce al risanamento dell’economia, non provoca ristrutturazioni degli assetti ambientali, non assolve, e non deve assolvere, il compito della politica, che nomina le persone delle istituzioni e limita il danno della disaffezione dei cittadini per bene coltivando le clientele. Il sistema si perpetua per difetto di capacità di autorigenerazione e per la mancata risposta delle istituzioni alle legittime attese e pretese del cittadino. Ne sono personalmente testimone, sia come avvocato, sia come direttore del Nuovo Mille, giornale liberale on line. Mi riferisco specificamente, ma non solo, al caso Seat Pagine Gialle S.p.a., società quotata, sottoposta ai controlli interni ed esterni previsti dalla legge, già “gallina dalle uova d’oro” dell’impresa di telecomunicazioni, attualmente in stato di conclamato dissesto. Alla vicenda di Seat dedicherò un prossimo articolo dettagliato, ringraziando fin d’ora l’Afec per la cortese ospitalità e l’attenzione alle disfunzioni della categoria di appartenenza e dell’economia. Al momento, a proposito di illecito concorrenziale e di danno all’economia e al risparmio, bene prezioso tutelato (teoricamente) dalla costituzione, anticipo che le cause prime del dissesto della società (quotata) risalgono al 2003 e al 2004, che la gestione ha goduto del margine operativo lordo straordinario del cinquanta per cento nel corso degli anni successivi, che nell’aprile del 2011 (oltre due anni fa) un azionista di minoranza, privato del cospicuo investimento personale nel titolo azionario, originariamente ritenuto solidissimo, mi ha chiesto di dare un’occhiata alla gestione, che il mese successivo (maggio 2011) ho scritto una lettera aperta sul Nuovo Mille e raccomandata alla Consob, rilevando le responsabilità originarie che hanno provocato il crollo del titolo e sollecitando un pronto intervento anche in prevenzione di ulteriori operazioni straordinarie in danno degli azionisti di minoranza, che la Consob ha risposto alla lettera con sufficienza, che nel corso dell’anno successivo 2011/2012 un pool composto da banche d’affari, società di consulenza e studi legali eccellenti, ha suggerito l’operazione straordinaria che ha sostanzialmente espropriato gli azionisti di minoranza in favore di una società anonima lussemburghese, che il pool ha preteso per tale consulenza quasi cento milioni di euro (mentre la mia lettera, precedente e gratuita, contestava il dissesto irreversibile e rilevava responsabilità meritevoli di essere sottoposte al vaglio della magistratura), che a tutela di un gruppetto di azionisti di minoranza ho diffidato motivatamente società e Consob, chiamando entrambe in un procedimento di sequestro dell’azienda. La Consob non si è costituita, perdendo l’occasione di spiegare la sua posizione, la società ha proposto domanda di concordato in bianco, essendo, ancora nel momento della pubblicazione del presente articolo, ammessa (immeritatamente) ai relativi benefici, e il sequestro è stato interdetto in forza delle rilevanti disposizioni della legge fallimentare. La direzione attualmente in carica ha resistito in giudizio alle attribuzioni di responsabilità della direzione precedente, ma nelle settimane più recenti (mesi dopo) sarebbe rimasta “sconcertata” dalla dannosità dell’operazione straordinaria del 2012 (che – gratuitamente – ho cercato di prevenire fin dal precedente anno 2011) e avrebbe conferito incarico ad uno studio legale specializzato di “studiare” la materia, già da me studiata ed illustrata sia nell’interdetto giudizio di sequestro, che mediante atti di invito e comunicazione alla società, notificati anche al tribunale fallimentare. Nel frattempo il tempo passa, la stampa specializzata (Il Sole 24 Ore) manca di assolvere il ruolo dell’informazione, tutelato dalla costituzione sia come diritto soggettivo, che come dovere professionale, e gli azionisti di minoranza diffidano (come dargli torto?) del funzionamento delle istituzioni. Il prossimo articolo sarà esauriente nel merito della vicenda, emblematica quanto dirompente per la percezione del funzionamento della giustizia. Nel frattempo, chi abbia interesse a documentarsi potrà visitare il sito del Nuovo Mille (www.nuovomille.it), che pubblica un’ampia rassegna sul caso Seat Pagine Gialle, e potrà riflettere sia sull’effettivo funzionamento della Consob, che, per altra vicenda, è già stata condannata in via definitiva, in sede civile, a risarcire risparmiatori traditi, sia sull’efficacia (e sull’onerosità) della consulenza prestata dal pool di eccellenze, in danno sia degli azionisti di minoranza, che, per evidenti motivi di decoro e di concorrenza del merito, delle categorie professionali di riferimento. I cento milioni di euro di parcella costituiscono, infatti, una distorsione del mercato, una remora sul funzionamento delle professioni, di cui molte decine di migliaia di professionisti, operosi e decorosi, non sono responsabili, ma anche un’occasione da non perdere per riequilibrare il mercato in favore di quanti svolgono la propria opera con coscienza, dignità ed efficienza.